Recensione di Elisabetta Bolondi
Autore: Ferrante Elena
Titolo: La figlia oscura
Editore: e/o 2006
Leda è un'insegnante di letteratura inglese di origine napoletana, ma è fuggita dalla sua terra per studiare e insegnare a Firenze: tutto il romanzo, della sconosciuta Elena Ferrante, nom de plume di chi non vuole svelarsi, è una fuga continua dalla madre, dalle figlie, dal marito, dagli uomini, dalla carriera: le prova tutte, ma da ogni esperienza ricava frustrazione, malessere, dolore. La storia raccontata nel breve romanzo è una vacanza che Leda si concede da sola al mare in un paese del sud: sulla spiaggia incontra una famiglia napoletana, chiassosa, ignorante e mezza camorrista, almeno così le appare. Nelle brevi giornate del soggiorno, avverranno piccole cose sconvolgenti, il furto di una bambola, il lancio violento di una pigna, i conti con la propria maternità fallita, i ricordi di un passato da dimenticare. La lingua usata dall'autrice, la costruzione del testo, parlano di una capacità di scrittura di alto profilo, anche se il libro, alla fine, è troppo inquietante nelle premesse ma poco efficace nel finale. Molto bello l'uso degli oggetti, un cappello, uno spillone, teli e ombrelloni, frutta marcita, abiti di bambole, creme solari che nelle pagine del romanzo assumono valenze simboliche e rendono alcune pagine del libro fortemente coinvolgenti. I personaggi femminili, le figlie lontane, le donne napoletane conosciute e osservate sulla spiaggia, sono analizzati con grande attenzione e risultano i migliori.

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